Tradizioni salentine fra artigianato, cucina, musica e cultura.
LA TERRACOTTA
Una delle arti più antiche fra le tradizioni del Salento, è quella della terracotta, introdotta da “Dauni“ e “Messapi“ nel periodo preistorico. Alcune delle creazioni in terracotta dei Messapi sono ancora conservate nel Museo Sigismondo Castromediano. Per quanto riguarda la lavorazione, il metodo è rimasto pressoché identico, basato sull’uso di acqua e argilla. La terracotta (come suggerisce il nome stesso) altro non è che argilla cotta ed elevate temperature – circa 1000 gradi centigradi. Le tecniche manuali si sono consolidate con lo sviluppo della tecnologia. I manufatti più diffusi nelle antiche famiglie salentine erano: cantari, cofanu, capase, ursule e pignate.
La lavorazione della terracotta un tempo era diffusa maggiormente in quelle zone dove il sottosuolo era ricco di argilla, più precisamente:
- Nardò;
- San Pietro in Lama;
- Lucugnano
- Gallipoli;
- Ruffano;
- Cutrofiano.
A Cutrofiano si può visitare il “Museo comunale della Ceramica” nato nel 1995, al cui interno sono esposti svariati cimeli, piatti, anfore, maioliche, zuppiere, ciotole e attrezzi usati dagli artigiani per la trasformazione dell’argilla in terracotta.
Nel processo di lavorazione dell’argilla cotta possiamo distinguere due tecniche: la più antica a colombina, e quella al tornio. Oggi, per la grande produzione, si usa la lavorazione a stampa oppure a pressa (con l’ausilio di macchine industriali) in quanto permettono la realizzazione di molti prodotti in poco tempo.
LA PIETRA LECCESE
La Pietra Leccese, in dialetto detta “leccisu”, è una roccia calcarea litotipo tipica del territorio salentino, ed è nota per la sua facilità di lavorazione.
E’ una pietra dalle caratteristiche pregiate che si plasma facilmente, grazie alla presenza di argilla che permette di modellarla al tornio o manualmente. Detta anche per questo motivo “pietra gentile”. Con il passare del tempo però diventa sempre più dura e resistente, assumendo una tonalità di colore ambrata simile a quella del miele.
La pietra leccese si estrae dal sottosuolo in enormi cave, profonde fino a cinquanta metri, diffuse su tutto il territorio.
Nel corso dei secoli in ambito artistico, grazie all’artigianato locale che ha prodotto la complessa architettura del Barocco leccese, la pietra leccese è stata apprezzata anche a livello internazionale.
In tutto il salento sono sparsi numerosi monumenti megalitici come dolmen, menhir e specchie, realizzati con questa pietra tipica.
LA CARTAPESTA
La cartapesta è un materiale tanto povero quanto duttile che viene plasmato con incredibile bravura dai maestri cartapestai. Essi danno vita, grazie ad una specifica tecnica di lavorazione, a delle creazioni molto belle e ricercate.
Questa arte di diffuse in Salento intorno il XVII e il XVIII secolo per la necessità di decorare le numerose chiese nascenti sul territorio. Le tradizionali statue in bronzo, marmo o legno, risultavano essere troppo costose e pesanti (quindi poco adatte al trasporto). Gli artigiani locali iniziarono così a sperimentare nuove tecniche riguardanti la lavorazione della carta. Mescolando pochi attrezzi rudimentali come carta, gesso, paglia, stracci ed altri materiali poveri hanno portato all’introduzione della cartapesta come arte del sacro nel territorio. Il periodo natalizio fatto di mercatini ed eventi è quello più fiorente.
Nelle tradizioni del salentol’arte della carta pesta è dunque storicamente legata alla religione, ma viene utilizzata anche per produrre oggetti di ogni tipo e di alta qualità.
Nei centri storici locali si possono trovare ancora delle botteghe con i maestri cartapestai all’opera che tramandano questa arte alle generazioni future. In tutto il salento è facile trovare, nei mercatini e sulle bancarelle, souvenir caratteristici in cartapesta a prezzi abbordabili.
CUCINA TIPICA
La cucina delle tradizioni del salento è considerata povera perché è fatta di ingredienti semplici e a basso costo. Farine poco raffinate (o di orzo), verdure selvatiche e coltivate localmente sono gli ingredienti principali.
Il pesce azzurro, oggi rivalutato, un tempo era l’unico pesce che la popolazione contadina poteva permettersi; mentre la carne era un alimento molto costoso. Anche i legumi sono compresi nel tradizionale regime alimentare salentino. Il piatto tipico “ciciri e tria” è fatto da ceci cotti, conditi con spezie della macchia mediterranea (salvia, rosmarino, timo, maggiorana, menta e origano).
Un altro piatto molto diffuso è “fave e cicore reste”, preparato con fave e cicorie selvatiche cotte, sempre condite con varie spezie.
I dolci risentono dell’influenza del mondo orientale, e la presenza di ingredienti come mandorle, miele e cannella richiamano molte regioni del vicino oriente e delle coste del Mediterraneo.
LA PIZZICA PIZZCA
La pizzica salentina è una vera e propria tarantella, una danza popolare nata intorno alla fine del 1400, che nel corso degli anni è diventata patrimonio della cultura contadina salentina.
Riguardo alla sua origine esistono diversi racconti, uno la lega al culto del dio Dionisio (identificato come Bacco). Un altro racconto invece la lega al morso della tarantola (per questo “taranta”) che portava le persone pizzicate in uno stato di choc, dal quale solo la musica riusciva a risvegliarle annullando l’effetto del veleno. Infine il racconto religioso lega la pizzica alla figura terapeutica di San Paolo: si poteva guarire dal morso della tarantola danzando secondo un rituale tra le mura domestiche.
Nella vita dei campi era facile che si venisse punti da ragni o insetti tanto velenosi da portare a svenimenti e stati di trance. La pizzica sfrenata aveva la funzione di esorcizzare da tale stato e portare alla guarigione. Nasce come un ballo tipicamente femminile durante il quale le donne “furiose” a causa del morso della tarantola, ballavano freneticamente sino a liberarsi dal male interiore.
Alla fine del XVIII secolo nasce la “pizzica-pizzica” come ballo di coppia, e prevede dei movimenti circolari. La pizzica salentina si contraddistingue per la presenza del fazzoletto di color rosso nelle mani delle danzatrici. Esso è stato aggiunto come ornamento ma è emblema della passione amorosa.
Da un po’ di anni a Melpignano, si festeggia la Notte della Taranta che mantiene viva questa particolarissima tradizione.